CIBI FERMENTATI: UN IMPATTO BENEFICO SULLA NOSTRA SALUTE

CIBI FERMENTATI: UN IMPATTO BENEFICO SULLA NOSTRA SALUTE

L’uso della fermentazione nella conservazione di alimenti e bevande è una pratica nota sin dall’antichità, ci sono testimonianze risalenti anche a 7000 anni a.C.  Ancora oggi si producono cibi fermentati, molti aumentano di popolarità soprattutto tra i vegetariani e diversi studi ne hanno dimostrato un effetto benefico sulla salute.

La fermentazione è un processo biochimico attraverso il quale alcuni batteri -in assenza di ossigeno- convertono gli zuccheri in acidi organici, alcoli e anidride carbonica. Questo offre innumerevoli vantaggi nel gusto, consistenza, digeribilità, conservabilità (eliminando sostanze tossiche o indesiderabili) e facilita il rilascio di batteri probiotici quali Lactobacillus bulgaricus e Streptococcus thermophilus. Si riescono a fermentare molti gruppi alimentari come latticini, verdure, legumi, cereali, radici, ma anche pesce e carne. I prodotti fermentati si possono classificare in quelli che conservano microbi vivi e quelli che non lo fanno. Ad esempio il pane a lievitazione naturale viene fermentato durante la cottura che però “uccide” i batteri, così come per il sidro e la birra. Al contrario il miso, il kefir, il tè Kombucha contengono fermenti vivi quando assunti. La maggior parte dei benefici dei cibi fermentati derivano dai probiotici contenuti che riescono a rafforzare il microbiota intestinale con ottimi risvolti sulla salute generale. E’ noto come un microbiota in equilibrio permetta una migliore regolarità intestinale, l’assorbimento e l’utilizzo delle sostanze nutritive che assumiamo con il cibo e non per ultimo il rafforzamento del sistema immunitario. Molti cibi fermentati contengono poi sostanze bioattive che riducono lo stress ossidativo grazie al loro effetto antiossidante (ne sono un esempio le olive fermentate ricche di polifenoli).Tale tecnica riesce anche a migliorare la digeribilità di alcuni carboidrati complessi e proteine che vengono convertiti dai microrganismi in zuccheri più semplici e amminoacidi. Ad esempio il pane a lievitazione naturale è più digeribile per chi soffre di colon irritabile, mentre i prodotti latto-caseari fermentati (come lo yogurt) sono più tollerabili per chi soffre di intolleranza al lattosio. 

Tra i più noti cibi fermentati troviamo:

  • Yogurt kefir: originario dei monti del Caucaso. Si tratta di uno yogurt a base di latte fermentato, ottenuto aggiungendo un ricco mix di lieviti e batteri
  • Tè Kombucha tipico nel nord della Cina, successivamente diffuso in Russia e nell’Europa Orientale. Ottenuto dalla fermentazione del tè nero con aggiunta di zucchero e una giusta combinazione di batteri
  • Derivati fermentati della soia: i più noti sono il tempeh (tipico della tradizione Indonesiana, ottenuto dalla fermentazione dei semi di soia bolliti ad opera di funghi) ed il miso (pasta cremosa di origine Giapponese, derivata anch’essa dalla fermentazione dei semi di soia utilizzato per la classica “zuppa di miso”)
  • Pane a lievitazione naturale
  • Crauti

Dal momento che diversi studi dimostrano un effetto positivo dei cibi fermentati sulla nostra salute vi invito a provarli ed integrarli nella vostra quotidianità…

Festeggiare con gusto

Festeggiare con gusto

Il periodo Natalizio è ormai alle porte e tutti noi siamo già partiti con i preparativi, con l’acquisto dei doni per i nostri cari e piccini mentre pensiamo a cosa portare sulle tavole. Il cibo è il filo comune dei festeggiamenti, sedersi ad un tavolo imbandito porta gioia ed è un modo per ritrovarsi e stare finalmente insieme

Eccovi allora un elenco di cibi ed abbinamenti che vi potranno aiutare ad affrontare al meglio queste occasioni portando in tavola anche un tocco di salute, senza dover rinunciare al gusto. La stagione ci offre molti cibi ricchi di Vitamina C, acidi grassi insaturi, antocianine che permettono al nostro corpo di aumentare le difese immunitarie, combattere i radicali liberi e facilitare la digestione per alzarci da tavola senza troppi sensi di colpa

  • Radicchio rosso per depurarsi con sapore: il radicchio è un vegetale ricco di acqua e fibre che aiuta a ridurre il gonfiore addominale e le sostanze amare contenute favoriscono la depurazione del fegato. Le antocianine che conferiscono la colorazione rossa sono molto utili alla circolazione. Potete utilizzare le sue foglie crude per fare delle barchette da riempire con un’insalatina di caprino, radicchio e noci oppure cotto per un ottimo risotto
  • Cavolo riccio, come tutte le crucifere contiene sostanze in grado di proteggere contro diversi tipi di tumore. E’ stato classificato come un superfood grazie alla ricchezza dei suoi nutrienti: Vitamina C, A, K, antiossidanti (tra cui la quercitina) e minerali (magnesio, manganese, rame, calcio, ferro, potassio) che aiutano le difese. Sia crudo che cotto si abbina bene con mandorle e curry
  • Il Finocchio ènoto a tutti per le sue proprietà digestive, depurative e drenanti… quindi come farlo mancare in questo periodo?Vi consiglio di provare un’insalatina con finocchio crudo, melograno e scaglie di grana. Ottimo come antipastino o per spezzare tra il primo ed il secondo o in accompagnamento ad un secondo di pesce. In questo modo potrete anche beneficiare della ricchezza del frutto rosso, ricco in Vitamina C, A, acido ellagico e tannini in grado di contrastare i radicali liberi, rafforzare le difese e proteggere le vie urinarie
  • Sgombro, pesce azzurro poco costoso ma ricco di proprietà benefiche. Fonte di omega 3 che contrasta l’infiammazione, di Vitamina C e D. Inoltre il suo contenuto in Iodio è in grado di aiutare il metabolismo a lavorare meglio. Possiamo farlo cuocere al vapore per un’insalatina con ceci e pomodorini oppure gratinato al forno da servire come fonte proteica la Vigilia di Natale 
  • Le lenticchie sono unmust di capodanno, ma andrebbero portate sovente sulle nostre tavole. Sono infatti  i cibi vegetali più completi: contengono proteine, ferro e fibre per aiutare l’intestino e la sazietà. In caso di problemi intestinali o diverticoli vi consiglio la versione decorticata. Ricordate che per avere un piatto completo è sempre utile associarle ad una fonte di carboidrati (come pasta, farro, riso, pane)
  • L’ Ananas fa subito festa… favorisce la digestione grazie alla presenza di Bromelina, si abbina bene al pesce. Aiuta a togliere la fame offrendo gusto e poche calorie
  • Le Clementine sono un ottimo fine pasto con il loro sapore dolce, gradite sia ai bambini che anziani. Ottima scorta di Vitamina C utile contro il raffreddamento, ma anche per migliorare la sintesi di collagene (contro l’invecchiamento cutaneo e non solo). Contengono poi sostanze antiossidanti (esperidna e narirutina) con azione antinfiammatoria e per protezione verso patologie cardiovascolari
  • Zenzero, ingrediente che non può mancare per i classici dolcetti natalizi, è ricco di sostanze antiossidanti ed antinfiammatorie. Ha anche un importante azione digestiva, stimola le secrezioni salivari, la produzione di succhi gastrici e della bile aiutando la digestione dei grassi (ottimo per i ricchi pranzi di natale e capodanno). Possiamo allora pensare ad una calda tisana da gustare davanti al camino dopo i festeggiamenti preparata con: un baccello di cardamomo, un cucchiaino di semi di finocchio, una scorza di arancia (non trattata) e circa 2 cm di radice di zenzero

Non mi resta che augurare a tutti voi Buone Feste con gusto

Quanto zucchero nella mia giornata?

Il consumo eccessivo di zuccheri è uno tra i principali fattori che concorrono a determinare sovrappeso e obesità con maggiore rischio di patologie croniche. L’OMS ha rilevato che i bambini che assumono abitualmente bevande zuccherate e dolciumi presentano una maggiore probabilità di essere obesi rispetto ai compagni che non li consumano o che ne fanno un uso sporadico.

I dolciumi e lo zucchero occupano l’apice della famosa Piramide Alimentare Mediterranea per sottolineare che dovrebbero essere limitati sia nella frequenza settimanale sia nella quantità. Per darvi dei numeri non dovrebbero rappresentare più del 10-15% dell’apporto calorico giornaliero.  Ovviamente è importante anche discriminare la tipologia di zuccheri. Ci sono infatti quelli meno dannosi, i cosiddetti zuccheri intrinseci, naturalmente presenti in alcuni alimenti come quelli della frutta, dei vegetali e dei latticini. Diversi sono quelli “liberi” come il classico zucchero da cucina che hanno un maggiore impatto negativo sulla salute. Molti prodotti industriali dolci (come torte, snack, gelati, yogurt alla frutta, caramelle, bibite), ma anche salati (sughi, zuppe pronte, pane in cassetta, burger…) sono un importante fonte di zuccheri liberi (Fonte Smart Food). Pensate che una lattina di thè freddo o bevanda gasata contiene all’incirca 30-40 grammi di zucchero, l’equivalente di circa 6-8 cucchiaini!

Perché limitare lo zucchero? Come detto sopra perché apporta molte calorie (vuote) che a lungo andare predispongono all’aumento del peso corporeo con maggiore rischio di patologie cardiovascolari, patologie infiammatorie e tumori. Inoltre i carboidrati semplici sono facilmente assorbiti a livello intestinale, ossia passano velocemente nel torrente circolatorio provocando un aumento della glicemia. Tale condizione se frequente e protratta nel tempo favorisce squilibri metabolici ed insorgenza di diabete. Diversi studi dimostrano poi come l’eccesso di zucchero, fruttosio e dolcificanti, possano determinare alterazioni neuronali che facilitano il declino cognitivo e la demenza (fonte associazione italiana diabetici). E’ inoltre importante ricordare quanto lo zucchero sia dannoso per i denti in quanto favorisce l’insorgenza delle carie (soprattutto per i più piccoli).

Come possiamo fare? Cerchiamo di limitarne il consumo. Preferiamo cibi semplici e freschi riducendo il consumo di prodotti pronti industriali, bibite e bevande gasate. Piano piano abitueremo il nostro palato ad altri gusti. Possiamo tutelarci leggendo sempre le etichette nutrizionali, ricordandovi che gli zuccheri si nascondono sotto tanti sinonimi: zucchero classico o di canna, sciroppo di glucosio, destrosio, isomaltulosio, trealosio, maltitolo, sorbitolo, mannitolo, xilitolo, aspartame, acesulfame K, saccarina, sucralosio, ciclamati.

E’ una questione di abitudine, come per il sale. Se impariamo gradualmente a limitarlo il nostro corpo ne richiederà sempre meno e si adatterà ai nuovi sapori. Quanti di voi hanno tolto lo zucchero dal caffè ed ora non riuscirebbero più a berlo zuccherato? Che ne dite, proviamo?

FAME O VOGLIA DI QUALCOSA DI BUONO


La fame è un sintomo che si percepisce quando iniziano a scarseggiare le riserve energetiche nel nostro organismo. Meccanismi biochimici potentissimi di comunicazione tra il corpo ed il cervello sono coinvolti a controllare la sensazione di fame e sazietà. Questo era un importante sistema di difesa per i nostri antenati che non avevano sempre a disposizione il cibo e dovevano avere premura di procurarselo ai primi segnali di carenza. Oggi questo non avviene più, abbiamo sempre molto cibo a disposizione e, come ci ricorda la medicina Ayurveda, dovremmo alzarci da tavola con ancora la sensazione di fame. Questo vorrà dire che avremmo evitato gli eccessi.
Accanto alla fame organica c’è anche quella cosiddetta fame emotiva, ancora più forte e difficile da controllare. Può infatti capitare di mangiare per noia, per stanchezza, stress o per cercare di riempire un vuoto. Il cibo ahimè è anche un piacere, l’importante è non cadere in questo circolo vizioso poiché mangiare ogni volta che la nostra mente ha necessità di appagarsi non porta a nulla di buono. In questo caso sarebbe utile fermarsi un attimo e cercare altri tipi di sfoghi come fare una passeggiata, ascoltare della musica, ballare, leggere… insomma altro che possa piacerci e rilassarci senza buttarsi sul cibo.
 
La fame può essere influenzata da quello che mangiamo? Si, certamente.
Diete troppo ipocaloriche con forti restrizioni possono portare all’aumento dell’appetito e spesso sono poco sostenibili nel lungo periodo. Il corpo percepisce una sensazione di pericolo e chiede aiuto producendo grandi quantità di grelina, la molecola della fame. Ovviamente per perdere del peso sarà opportuno fare delle limitazioni, ma rivolgersi ad una persona competente sarà importante per aiutarvi a capire come gestire al meglio questa fase. Altro fattore che influenza negativamente il controllo dell’appetito è l’eccesso di zuccheri semplici (zuccheri aggiunti alle bevande, dolci…) e carboidrati (soprattutto raffinati) in quanto questi cibi alterano i livelli glicemici producendo dei picchi di glicemia che non appena calano determinano un forte disagio e sensazione di fame. Lo stress e carenza di sonno possono poi provocare i temuti attacchi di fame improvvisa per aumento del cortisolo.
 
Cosa fare allora?
– Cercare di mangiare ad intervalli regolari. I cinque pasti nella giornata aiutano a mantenere costanti i livelli di glicemia e non arrivare così troppo affamati ai pasti principali

-Mangiare lentamente. Prima che il cervello riceva i segnali di sazietà da parte del sistema digerente ci vogliono circa 20 minuti, quindi se ingurgitiamo il cibo non riusciremmo a percepire questa segnalazione
– Impostare dei pasti bilanciati costituiti da una piccola fonte di carboidrati (pasta, cereali o pane integrali) + una parte di proteine (carne, pesce, uova o legumi) + verdure ed una quota di grassi sani (come olio evo e/o frutta secca). Le proteine sono utili in quanto riescono a garantire una maggiore sensazione di pienezza impiegando più tempo per essere digerite ed evitano i picchi glicemici
– Mangiare integrale o alimenti ricchi di fibre aiuta a rallentare il passaggio di zuccheri nel sangue e gonfiano un po’ lo stomaco generando una sensazione di pienezza

Cercate di mangiare poco ma ben bilanciato, aggiungendo dell’attività fisica quotidiana e magari un quadratino di cioccolato fondente per l’anima e lo spirito…

Il miglior cibo per l’inverno

Ogni stagione porta con sé un cambiamento e la natura mette a disposizione prodotti diversi con specifiche proprietà in grado di aiutarci ad affrontarlo al meglio. Questo è il motivo per cui è consigliabile mangiare frutta e verdura di stagione. Nel periodo invernale, quando abbiamo più bisogno di aumentare le difese immunitarie – in vista dei possibili malanni di stagione- ecco che troviamo tantissimi prodotti ricchi di Vitamina C come kiwi, agrumi, melagrana e tra le verdure broccoli, cavoli e spinaci.
Altrettanto importante per rafforzare il nostro piccolo esercito di difesa è prendersi cura del nostro intestino. Pensate che quasi il 70 % del sistema immunitario ha sede proprio qui! Una dieta bilanciata e ricca di fibre, cereali integrali e legumi aiuta in questo senso. Si può anche ricorrere a cibi fermentati e ricchi di probiotici come lo yogurt naturale che facilitano la crescita e l’aumento dei nostri alleati batteri buoni (come i Bifido batteri).
Il freddo tipico di questo periodo ci porta poi alla ricerca di cibi che possano riscaldarci. Alcune pietanze più di altre aiutano i meccanismi di termoregolazione come ad esempio le zuppe, minestre e brodi che sono sempre da accompagnare con alimenti ricchi in proteine come uova, carne bianca, pesce o legumi. Al posto dell’acqua semplice, che spesso si fatica a bere, si può ricorrere a tisane o infusi caldi (preferibilmente non zuccherate) e perché no ogni tanto ad una buona tazza di cioccolata fondente che essendo una sostanza nervina come il caffè aiuta a mantenere il tono e vitalità. Possiamo aggiungere la cannella, una spezia che grazie alla presenza di cinnamaldeide stimola la termogenesi. Sono invece sconsigliati gli alcolici che danno subito l’impressione di riscaldarsi, ma questo è un effetto solo temporaneo poiché determinano in un secondo momento vasocostrizione che stimola al contrario la sensazione di freddo.
Le tipiche giornate piovose e grigie possono favorire il cosiddetto “winter blues”, ossia la depressione invernale. Per combatterla anche con il cibo consiglio di fare il carico di alimenti ricchi di magnesio, triptofano e vitamina B1. La mancanza di magnesio si traduce in una riduzione di dopamina e serotonina, neurotrasmettitori che vanno a controllare lo stato di ansia e nervosismo. L’ideale è consumare alimenti che ne sono ricchi come le mandorle, ma anche broccoli, carciofi e legumi. Il triptofano invece, conosciuto anche come l’ormone della felicità, è contenuto in molte proteine sia di origine vegetale che animale, nei semi di sesamo e cereali integrali.
In questa stagione possono aumentare anche i dolori articolari. Anche in questo caso sono ottimi i cibi ricchi di vitamina C, ma anche le mandorle con il loro apporto di ferro, calcio e magnesio. Lo zenzero contiene molte sostanze con azione antinfiammatoria e l’olio di semi di canapa ha effetti antinfiammatori ed antireumatici (ne basta un cucchiaio al giorno, a freddo).
Regaliamoci il piacere di un brivido caldo, come fosse una carezza con qualcosa di appagante ma che aiuti veramente il nostro corpo e lo spirito. Ecco che puoi iniziare la giornata con una tazza di thè verde accompagnato da una fetta di pane integrale con crema di mandorle, fai il carico di cereali integrali con verdure e un’arancia a pranzo, magari concediti una cioccolata o tisana calda nel pomeriggio e finisci la giornata con una zuppa di verdure ed una porzione di carne bianca o pesce.

BACCHE DI GOJI: preziose alleate per la salute

Le Bacche di Goji sono sempre più conosciute e annoverate come Functional Food, ossia alimenti di cui è stata dimostrata scientificamente la capacità di influire positivamente su una o più funzioni fisiologiche. Tali alimenti possono contribuire a preservare e migliorare lo stato di salute generale riducendo il rischio di malattie correlate al regime alimentare.

Queste bacche appartengono alla famiglia delle Solanacee, la stessa dei pomodori, melanzane, peperoni e patate. Si utilizzavano sin dall’antichità crude o essiccate per la preparazione di thè/liquori e succhi; inoltre la medicina tradizionale cinese le impiega come delicati tonici e tinture.

Le Bacche di Goji sono un’ottima fonte di nutrienti come proteine, minerali (in particolare ferro, magnesio e potassio) e vitamine tra cui la Vitamina C, Vitamina E ed alcuni carotenoidi (beta carotene, luteina, licopene e zeaxantina). In Italia proprio in virtù di questa composizione sono state inserite dal Ministero della Salute nell’elenco degli alimenti con importanti proprietà antiossidanti. Adatte quindi a chi pratica attività sportiva, per tenere sotto controllo processi di invecchiamento ed infiammatori. Inoltre sembrano avere effetti antinfiammatori, antimicrobici, immunostimolanti, neuroprotettivi, pre-biotici (per il discreto contenuto in fibra) e anti-obesogeni. Le antocianine contenute nelle bacche blu e l’alta percentuale zeaxantina di quelle rosso-arancio le rendono un buon alleato contro la degenerazione maculare senile e cataratta. Queste bacche sembrerebbero anche utili per contrastare l’osteoporosi, condizione che colpisce prevalentemente le donne in menopausa causando la riduzione della densità ossea. Alcune sostanze presenti nelle bacche sarebbero in grado di migliorare l’attività degli osteoblasti, cellule deputate al rimodellamento osseo.

Grazie alla ricchezza in sostanze benefiche favoriscono il benessere psicofisico, quindi adatte per chi studia o affronta un periodo particolarmente stressante a livello mentale e di concentrazione. Per chi è a dieta c’è una buona notizia: queste bacche sembrano essere un valido alleato durante il percorso di dimagrimento in quanto si è visto aiutino a migliorare il tasso metabolico e favorire la riduzione della circonferenza vita (che ricordo essere direttamente correlata con patologie cardiovascolari). La loro ricchezza in acidi grassi insaturi, ovvero i grassi “buoni” come l’acido linoleico ed alfa-linolenico, favorisce il controllo dei livelli plasmatici di lipidi rendendole adatte a chi ha problemi di colesterolo e disturbi cardiovascolari associati.

La dose giornaliera consigliata è di circa 15-20 gr. Occorre però prestare attenzione al loro consumo nei soggetti in cura per ipertensione poiché possono interferire con determinate tipologie di farmaci e sono da evitare se si prende il Warfarin.

USALE COSI’:

  • Le bacche di Goji si trovano generalmente nella forma essiccata, quindi falle reidratare per 10-15 min in acqua tiepida e poi aggiungile allo yogurt del mattino insieme ad un frutto fresco e fiocchi di avena per una colazione sana, fresca, gustosa e saziante
  • Puoi usarle anche come snack se sei fuori casa tra un pasto e l’altro

BACCHE DI GOJI: preziose alleate per la salute

Le Bacche di Goji sono sempre più conosciute e annoverate come Functional Food, ossia alimenti di cui è stata dimostrata scientificamente la capacità di influire positivamente su una o più funzioni fisiologiche. Tali alimenti possono contribuire a preservare e migliorare lo stato di salute generale riducendo il rischio di malattie correlate al regime alimentare.

Queste bacche appartengono alla famiglia delle Solanacee, la stessa dei pomodori, melanzane, peperoni e patate. Si utilizzavano sin dall’antichità crude o essiccate per la preparazione di thè/liquori e succhi; inoltre la medicina tradizionale cinese le impiega come delicati tonici e tinture.

Le Bacche di Goji sono un’ottima fonte di nutrienti come proteine, minerali (in particolare ferro, magnesio e potassio) e vitamine tra cui la Vitamina C, Vitamina E ed alcuni carotenoidi (beta carotene, luteina, licopene e zeaxantina). In Italia proprio in virtù di questa composizione sono state inserite dal Ministero della Salute nell’elenco degli alimenti con importanti proprietà antiossidanti. Adatte quindi a chi pratica attività sportiva, per tenere sotto controllo processi di invecchiamento ed infiammatori. Inoltre sembrano avere effetti antinfiammatori, antimicrobici, immunostimolanti, neuroprotettivi, pre-biotici (per il discreto contenuto in fibra) e anti-obesogeni. Le antocianine contenute nelle bacche blu e l’alta percentuale zeaxantina di quelle rosso-arancio le rendono un buon alleato contro la degenerazione maculare senile e cataratta. Queste bacche sembrerebbero anche utili per contrastare l’osteoporosi, condizione che colpisce prevalentemente le donne in menopausa causando la riduzione della densità ossea. Alcune sostanze presenti nelle bacche sarebbero in grado di migliorare l’attività degli osteoblasti, cellule deputate al rimodellamento osseo.

Grazie alla ricchezza in sostanze benefiche favoriscono il benessere psicofisico, quindi adatte per chi studia o affronta un periodo particolarmente stressante a livello mentale e di concentrazione. Per chi è a dieta c’è una buona notizia: queste bacche sembrano essere un valido alleato durante il percorso di dimagrimento in quanto si è visto aiutino a migliorare il tasso metabolico e favorire la riduzione della circonferenza vita (che ricordo essere direttamente correlata con patologie cardiovascolari). La loro ricchezza in acidi grassi insaturi, ovvero i grassi “buoni” come l’acido linoleico ed alfa-linolenico, favorisce il controllo dei livelli plasmatici di lipidi rendendole adatte a chi ha problemi di colesterolo e disturbi cardiovascolari associati.

La dose giornaliera consigliata è di circa 15-20 gr. Occorre però prestare attenzione al loro consumo nei soggetti in cura per ipertensione poiché possono interferire con determinate tipologie di farmaci e sono da evitare se si prende il Warfarin.

USALE COSI’:

  • Le bacche di Goji si trovano generalmente nella forma essiccata, quindi falle reidratare per 10-15 min in acqua tiepida e poi aggiungile allo yogurt del mattino insieme ad un frutto fresco e fiocchi di avena per una colazione sana, fresca, gustosa e saziante
  • Puoi usarle anche come snack se sei fuori casa tra un pasto e l’altro
Ipertensione Arteriosa: cos’è e come prevenirla

Ipertensione Arteriosa: cos’è e come prevenirla

L’ipertensione arteriosa è probabilmente uno dei problemi più diffusi nei paesi sviluppati. Frequentemente è asintomatica e se non viene trattata può comportare danni sul sistema cardiovascolare (infarto e ictus), ma anche a livello renale e sul sistema nervoso (danni alla retina e al cervello). In gravidanza è importante controllare la pressione arteriosa in maniera regolare per ridurre il rischio di sviluppare una sindrome chiamata pre-eclampsia con effetti negativi su mamma e feto.

Si considera ottimale una pressione sistolica (massima) inferiore a 120-130 mmHg e una pressione diastolica (minima) inferiore a 80-85 mmHg. Naturalmente è necessario confrontarsi sempre con il proprio medico curante che valuterà la situazione monitorando i valori pressori in vari momenti della giornata e in giorni successivi per una diagnosi certa. L’ipertensione può essere determinata da cause differenti, tra cui predisposizione genetica, stile di vita sedentario, consumo eccessivo di sale ed alcolici, obesità e stress, ma anche da disfunzioni organiche a livello renale, endocrino, apnee notturne o da farmaci.

Un eccesso di assunzione calorica è direttamente correlato con l’obesità che a sua volta è un fattore di rischio per lo sviluppo di ipertensione e malattia cardiovascolare. Diversi studi dimostrano che la perdita di 10 kg può determinare una riduzione dei livelli pressori di circa 5-20 mmHg. E’ importante anche controllare il grasso viscerale (quello a livello addominale) in quanto direttamente correlato con il rischio cardiovascolare aumentato: per questa ragione nella donna si consiglia di mantenere la circonferenza addominale al di sotto degli 86 cm e nell’uomo al di sotto dei 95 cm.

La dieta DASH è un regime alimentare promosso dall’Istituto Superiore della Sanità per aiutare a modificare le abitudini alimentari e stile di vita nei pazienti affetti da questa patologia al fine di aiutarli a recuperare lo stato di salute e migliorare il profilo pressorio. Tale regime prevede:

  • Aumentare il consumo giornaliero di frutta, verdura e cereali integrali   
  • Ridurre il consumo di grassi animali, preferendo carne bianca (con eliminazione della pelle e parti di grasso visibili), il pesce a carne bianca (riducendo i molluschi e crostacei), latte e derivati scremati o prodotti di capra freschi
  • Aumentare il consumo di legumi e frutta secca fonte di magnesio, potassio, proteine vegetali e fibra. Occorre però fare attenzione a risciacquare molto bene i legumi precotti (nei barattoli) poiché conservati nel “liquido di governo” che è a base di acqua e sale
  • Aumentare il consumo di grassi buoni (mono e polinsaturi contenuti ad esempio nell’olio extravergine di oliva a crudo e frutta secca), evitando i grassi saturi trans (presenti nella maggior parte dei prodotti da forno, oli vegetali idrogenati, margarine e cibi industriali)
  • Limitare il consumo di dolci, zuccheri semplici ed alcolici
  • Moderare il consumo di sale utilizzato in cucina, cercando di sostituirlo con erbe aromatiche e spezie o privilegiando cotture al cartoccio/vapore che preservano il sapore degli alimenti. Prestare attenzione al sale “nascosto”, ossia presente nei prodotti industriali e lavorati industrialmente (insaccati, affettati, tonno, pietanze industriali precotte…) ma anche nel pane (di utilizzo quotidiano!)
  • Moderare il consumo di caffè, thè e cacao
  • Non fumare
  • Fare attività fisica in modo regolare e quotidianamente: questo favorirà il controllo del peso e contribuirà a diminuire ansia e stress

Spesso è sufficiente controllare la propria alimentazione e fare un po’ di esercizio fisico per migliorare il profilo pressorio senza dover ricorrere ai farmaci. Ecco come quello che mangiamo può aiutarci a stare meglio e fare prevenzione!!!

PAUSA PRANZO: Un boccone al volo o un piatto equilibrato?

PAUSA PRANZO: Un boccone al volo o un piatto equilibrato?

Un’adeguata distribuzione dei pasti nell’arco della giornata è una sana abitudine che permette un buon equilibrio alimentare. Riuscire a fare almeno tre pasti principali (colazione, pranzo e cena) evitando lunghi digiuni favorisce una migliore resa durante il giorno, sia a lavoro che a scuola.

Per molti la pausa pranzo durante la settimana è fuori, sul luogo di lavoro e non sempre la sua gestione risulta semplice. C’è chi può accedere alla mensa lavorativa, chi deve uscire dal posto di lavoro e recarsi al bar o ristorante e chi magari non ha neanche il tempo per fermarsi. Vediamo allora insieme alcuni consigli che possono aiutare ad affrontare questa pausa nel modo migliore:

  1. Non saltare il pranzo. Spesso chi ha poco tempo per non “ingozzarsi” o perchè preso dal lavoro preferisce saltare il pasto. Questa però non è la scelta migliore: non aiuta a perdere peso nè a mantenere una buona forma fisica, anzi il rischio sarà di avere poi fame nel pomeriggio portandoci a piluccare fuori pasto (spesso pietanze caloriche, non sempre salutari) o abbuffarsi a cena. Il pranzo, dopo la colazione, dovrebbe essere il pasto più importante della giornata, con il 35-40% delle calorie totali da assumere nella giornata (naturalmente scegliendo delle buone calorie, che ci nutrano e non solo sazino).
  2. Cercare di consumare un pasto completo ed equilibrato. Un classico, per chi deve mangiare al bar, è puntare sull’insalatona che ci sazierà nell’immediato per l’importante fonte di fibre, ma dopo qualche ora tenderà a farci percepire nuovamente appetito. L’alternativa è un panino/una piadina o una pizza che possono andare bene saltuariamente, ma sono comunque pietanze molto caloriche e povere dal punto di vista nutrizionale. L’ideale sarebbe scegliere un pasto completo, ossia composto da una fonte di carboidrati (pane o pasta o riso o cereali, meglio se integrali) + un secondo (proteine provenienti da legumi, carne, pesce, uova, formaggio magro) + un contorno di verdure. Ad esempio una fettina di pollo alla piastra con patate al forno e verdure di accompagnamento o un piatto unico come una boul di riso con verdure e legumi.
  3. Ricercare il gusto, la varietà e la qualità. A mio parere queste sono le principali caratteristiche da valutare ed esigere ogni volta nel nostro piatto. Il cibo che mangiamo non deve essere per forza triste, anzi la varietà di colori ed una buona presentazione ci aiuterà nello spirito (magari consolandoci da una giornata lavorativa stressante), nel gusto e nella salute. Evitiamo di ordinare le solite cose, magari scegliendo un bar o ristorante con menù giornaliero che garantisca cibi freschi e variegati.
  4. Attenzione ai condimenti. La modalità di preparazione degli alimenti, la scelta e l’uso dei condimenti possono giocare un ruolo fondamentale per l’apporto energetico, per la digeribilità e l’appetibilità del piatto. Preferire cibi semplici e non fritti ci eviterà di addormentarci sulla scrivania! Se possibile la cosa migliore sarebbe potersi condire le pietanze con del buon olio extravergine a crudo.
  5. Ricordarsi di bere. Preferiamo il consumo di acqua naturale al vino o bevande zuccherate/gasate. Questo permetterà una migliore digestione ed idratazione.
  6. Attenzione ai tempi. La pausa pranzo dovrebbe essere di almeno mezz’ora: i segnali di sazietà iniziano infatti ad essere inviati dal nostro organismo solo dopo 20 minuti e questo ci permetterà di alzarci dal tavolo sazi e senza avere “tutto sullo stomaco”. Meglio se seduti, non davanti al pc per poter staccare la mente. Se il rischio è di avere poco tempo puoi valutare di portarti dietro il baracchino o cucinarti qualcosa la sera prima ed averla già in frigo quando rientri a casa. A tal proposito spesso consiglio il consumo di cereali parboiled o cotti al vapore che richiedono brevi tempi di preparazione, mantengono la cottura, sono gustosi anche se consumati freddi: puoi condirli con verdure che hai cucinato per la cena ed aggiungere un piccolo secondo come legumi, un uovo sodo, dei fiocchi di formaggi…. Ed il gioco è fatto!!
  7. Goditi qualche minuto per te. Se possibile prenditi qualche minuto per sgranchirti le gambe, fai una passeggiata oppure una chiacchierata serena con i colleghi

PAUSA PRANZO: Un boccone al volo o un piatto equilibrato?

Un’adeguata distribuzione dei pasti nell’arco della giornata è una sana abitudine che permette un buon equilibrio alimentare. Riuscire a fare almeno tre pasti principali (colazione, pranzo e cena) evitando lunghi digiuni favorisce una migliore resa durante il giorno, sia a lavoro che a scuola.

Per molti la pausa pranzo durante la settimana è fuori, sul luogo di lavoro e non sempre la sua gestione risulta semplice. C’è chi può accedere alla mensa lavorativa, chi deve uscire dal posto di lavoro e recarsi al bar o ristorante e chi magari non ha neanche il tempo per fermarsi. Vediamo allora insieme alcuni consigli che possono aiutare ad affrontare questa pausa nel modo migliore:

  1. Non saltare il pranzo. Spesso chi ha poco tempo per non “ingozzarsi” o perchè preso dal lavoro preferisce saltare il pasto. Questa però non è la scelta migliore: non aiuta a perdere peso nè a mantenere una buona forma fisica, anzi il rischio sarà di avere poi fame nel pomeriggio portandoci a piluccare fuori pasto (spesso pietanze caloriche, non sempre salutari) o abbuffarsi a cena. Il pranzo, dopo la colazione, dovrebbe essere il pasto più importante della giornata, con il 35-40% delle calorie totali da assumere nella giornata (naturalmente scegliendo delle buone calorie, che ci nutrano e non solo sazino).
  2. Cercare di consumare un pasto completo ed equilibrato. Un classico, per chi deve mangiare al bar, è puntare sull’insalatona che ci sazierà nell’immediato per l’importante fonte di fibre, ma dopo qualche ora tenderà a farci percepire nuovamente appetito. L’alternativa è un panino/una piadina o una pizza che possono andare bene saltuariamente, ma sono comunque pietanze molto caloriche e povere dal punto di vista nutrizionale. L’ideale sarebbe scegliere un pasto completo, ossia composto da una fonte di carboidrati (pane o pasta o riso o cereali, meglio se integrali) + un secondo (proteine provenienti da legumi, carne, pesce, uova, formaggio magro) + un contorno di verdure. Ad esempio una fettina di pollo alla piastra con patate al forno e verdure di accompagnamento o un piatto unico come una boul di riso con verdure e legumi.
  3. Ricercare il gusto, la varietà e la qualità. A mio parere queste sono le principali caratteristiche da valutare ed esigere ogni volta nel nostro piatto. Il cibo che mangiamo non deve essere per forza triste, anzi la varietà di colori ed una buona presentazione ci aiuterà nello spirito (magari consolandoci da una giornata lavorativa stressante), nel gusto e nella salute. Evitiamo di ordinare le solite cose, magari scegliendo un bar o ristorante con menù giornaliero che garantisca cibi freschi e variegati.
  4. Attenzione ai condimenti. La modalità di preparazione degli alimenti, la scelta e l’uso dei condimenti possono giocare un ruolo fondamentale per l’apporto energetico, per la digeribilità e l’appetibilità del piatto. Preferire cibi semplici e non fritti ci eviterà di addormentarci sulla scrivania! Se possibile la cosa migliore sarebbe potersi condire le pietanze con del buon olio extravergine a crudo.
  5. Ricordarsi di bere. Preferiamo il consumo di acqua naturale al vino o bevande zuccherate/gasate. Questo permetterà una migliore digestione ed idratazione.
  6. Attenzione ai tempi. La pausa pranzo dovrebbe essere di almeno mezz’ora: i segnali di sazietà iniziano infatti ad essere inviati dal nostro organismo solo dopo 20 minuti e questo ci permetterà di alzarci dal tavolo sazi e senza avere “tutto sullo stomaco”. Meglio se seduti, non davanti al pc per poter staccare la mente. Se il rischio è di avere poco tempo puoi valutare di portarti dietro il baracchino o cucinarti qualcosa la sera prima ed averla già in frigo quando rientri a casa. A tal proposito spesso consiglio il consumo di cereali parboiled o cotti al vapore che richiedono brevi tempi di preparazione, mantengono la cottura, sono gustosi anche se consumati freddi: puoi condirli con verdure che hai cucinato per la cena ed aggiungere un piccolo secondo come legumi, un uovo sodo, dei fiocchi di formaggi…. Ed il gioco è fatto!!
  7. Goditi qualche minuto per te. Se possibile prenditi qualche minuto per sgranchirti le gambe, fai una passeggiata oppure una chiacchierata serena con i colleghi

Il melone

Il melone è un frutto gustoso, fresco e colorato che insieme all’anguria è ormai l’emblema dell’estate.

Sembra essere originario dell’Asia anche se molti sostengono arrivi dall’Africa. In Italia la sua coltivazione viene praticata prevalentemente nelle regioni più calde dove ritroviamo principalmente 3 varietà: i Cantaloupensis (il cosiddetto Cantalupo) di media grandezza così chiamati perché portati da missionari asiatici al castello pontificio di Cantalupo sui colli romani, l’Inodorus (o Melone d’inverno) tipicamente con polpa bianca/rosata e buccia liscia ed il Reticulatus che presenta la caratteristica superficie retata. Questo frutto una volta colto continua la sua maturazione a temperatura ambiente, per questo si consiglia di conservarlo in frigorifero, ad una temperatura non inferiore ai 5 gradi poiché al di sotto di tale temperatura tende a formare delle macchie rosse nella polpa che sono responsabili del suo ammollimento. Al momento dell’acquisto il melone deve essere sodo ed il profumo intenso che viene emanato dalla buccia è segno di giusta maturazione del frutto.

Il melone svolge un’importante azione dissetante, diuretica e rinfrescante. E’ pertanto adatto in una dieta dimagrante poiché aiuta ad eliminare i liquidi in eccesso e stimola l’azione della tiroide (la nostra centrale operativa a livello metabolico).  E’ un frutto ricco di vitamine, in particolare Vitamina A (una porzione di melone è in grado di soddisfare più di un terzo del suo fabbisogno giornaliero) e Vitamina C che ne conferiscono importanti proprietà antiossidanti, oltre che stimolare il sistema immunitario e la vista. Il melone insieme alla carota è un alleato per la tintarella: è in grado di stimolare la produzione di melanina che favorisce l’abbronzatura, ma al tempo stesso protegge la pelle.  E’ inoltre ricco di potassio (ottimo sostituto della banana) e povero di sodio che lo rende utile per il controllo della pressione sanguigna, la salute del cuore e dei vasi sanguigni. Presenta inoltre un buon potere antinfiammatorio per la presenza, nella buccia/radice e polpa, di cucurbitacine.

Il melone in estate viene spesso associato al prosciutto crudo, piatto freddo molto gradito. E’ un abbinamento consigliato per chi ha difficoltà a digerire questo prezioso frutto in quanto il sale contenuto nell’affettato migliora la secrezione di succhi gastrici e quindi la sua digeribilità.

Questo frutto estivo, versatile e dissetante è piacevole nelle calde giornate estive, resta solo sconsigliato ai diabetici per l’alto indice glicemico.

I disturbi del comportamento alimentare

E’ da poco trascorsa la giornata nazionale dedicata ai disturbi del comportamento alimentare (DCA), Giornata Fiocchetto Lilla. I numeri non sono confortanti: indicano un aumento di nuovi casi e peggioramento di quelli preesistenti nel corso di questa pandemia e lockdown. Secondo i dati del Centro Nazionale per il controllo e prevenzione delle malattie nei primi 6 mesi del 2020 ci sono stati 230.458 nuovi casi, anche nelle fasce di età più basse. Molto probabilmente tutto questo può spiegarsi con un maggior senso di disagio a fronte della sospensione delle attività scolastiche e sociali, di tensioni familiari ed uso non corretto dei social.

I disturbi del comportamento alimentare sono patologie molto complesse caratterizzate da un disfunzionale rapporto con il cibo che diventa un’arma di difesa dietro cui nascondersi (ed ecco che possiamo assistere ad eventi bulimici) o un nemico di cui avere paura e da allontanare (con il rischio di arrivare all’anoressia). L’eccessiva attenzione al cibo, forti esclusioni, il ricorrere a metodi di eliminazione o compensazione per eliminare ciò che si è mangiato se per caso ci si è lasciati andare, l’ossessiva attenzione all’aspetto fisico e di conseguenza l’inizio di un’attività fisica costante e spesso al limite possono essere le prime manifestazioni e segnali di allarme.

Non esiste un’età tipica di insorgenza dei DCA: spesso tipici del periodo dell’adolescenza quando il corpo sia femminile che maschile inizia a cambiare e non sempre è facile accettare le sue mutazioni. Purtroppo però la fascia di età si stà abbassando. Nella nostra società, dove l’immagine esteriore rappresenta un’etichetta, è forse ancora più difficile trovare il giusto senso della bellezza nella sua completezza.

I DCA se non individuati e trattati nei tempi e modi opportuni possono protrarsi nel tempo e diventare un vero e proprio problema di salute.  La forte limitazione del cibo o l’abbuffata che sfocia in una forma di eliminazione possono determinare importanti problemi sulla salute cardiovascolare (a lungo andare il cuore inizia ad affaticarsi, la pressione si abbassa notevolmente), gastrointestinale (problemi di gastriti ed intestinali), endocrini (primo segnale di allarme può essere l’amenorrea ossia la scomparsa del ciclo mestruale, nonché problemi tiroidei), problemi scheletrici (per minor densità ossea e comparsa di osteoporosi precoce), problemi del sistema nervoso, cutaneo… fino a complicazioni che possono portare alla morte.

Chi soffre di DCA non và giudicato né obbligato in nessun modo a mangiare contro la propria volontà. Và aiutato. Spesso i disturbi insorgono per carenze emotive e mancanza di amore; essere aiutati con l’affetto di una persona cara è forse il primo passo. E’ fondamentale non abbassare la guardia e chiedere un aiuto integrato di diverse figure professionali come uno psicoterapeuta e professionista dell’alimentazione che interagiscano per comprendere la causa scatenante del problema e superarla dal punto di vista psicologico e nutrizionale.

Spesso questi disturbi non vengono riconosciuti ed affrontati subito. Consiglio alle persone che dovessero notare la comparsa di alcuni campanelli d’allarme da parte di amici o familiari di parlarne serenamente e consigliare una visita da uno specialista senza paura né vergogna.

Frutta secca che passione

Durante le festività appena trascorse la frutta secca è stata una grande protagonista delle nostre tavole. E’ tradizione consumare o regalare cesti con noci, nocciole, pistacchi, mandorle, datteri… Inoltre molti dolci tipici del periodo invernale sono preparati con l’aggiunta di questi frutti.

Con il termine “frutta secca” si intende sia la frutta oleosa a guscio come noci, nocciole, mandorle, anacardi, sia quella disidratata (albicocche, prugne, datteri disidratati). In generale sono alimenti molto calorici, ma grazie al loro ottimo profilo nutrizionale sono consigliati anche in un regime dietetico ipocalorico.

Numerosi studi dimostrano le importanti qualità nutrizionali della frutta secca in particolar modo sul sistema cardiovascolare grazie all’elevato contenuto di acidi grassi polinsaturi (soprattutto alfa-linolenico) che contribuiscono a mantenere bassi i livelli del colesterolo nel sangue. 30 gr al giorno di noci apportano ben 2 gr di questo prezioso acido grasso favorendo la salute del sistema cardiovascolare (con un picco di assorbimento se assunte al mattino).

Le mandorle rappresentano invece un ottimo alleato per chi ha carenza di ferro. Inoltre sono ricchissime di minerali come potassio, fosforo, rame, magnesio e zinco e quindi adatte per combattere la stanchezza e favorire il reintegro di minerali che per esempio in estate vengono facilmente persi con la sudorazione. Sono poi utili a rilassare il sistema nervoso (grazie al buon equilibrio di calcio, magnesio, potassio e litio) e i muscoli. La mandorla è indicata per i diabetici grazie alla presenza di rame e zinco che incrementano la sintesi di insulina ed il suo utilizzo. E’ preziosa per l’elevato contenuto di calcio, minerale fondamentale per la salute delle ossa, e di proteine, rendendola adatta ad adolescenti, sportivi, donne in gravidanza e menopausa.

La nocciola, prodotto tipico Piemontese, ha un effetto più stimolante e tonificante rispetto alla mandorla e quindi consigliata per chi vuole mantenere tonicità mentale e fisica o per soggetti debilitati. Diversi studi dimostrano la sua efficacia nelle demenze senili e nell’Alzheimer per la ricchezza in acidi grassi polinsaturi e minerali.

Chi svolge attività sportiva trova un valido alleato nella frutta essiccata che grazie alla ricchezza di zuccheri semplici è fonte di energia prontamente disponibile. Pratica da portare con sé per esempio durante una camminata in montagna o per chi và in bici. Inoltre il contenuto in potassio facilita la contrazione muscolare ed evita la comparsa di crampi. Naturalmente ogni frutto ha poi la sua peculiare caratteristica: il fico ad esempio è più ricco di calcio, l’albicocca di ferro e vitamina A.

La frutta secca rappresenta poi un valido aiuto nei mesi invernali per rafforzare il sistema immunitario grazie al suo contenuto in vitamine del gruppo B, A, D ed alcuni minerali come zinco, rame, ferro e selenio. 

Ecco un chiaro esempio di come un cibo gustoso sia anche sano!

Vi consiglio di mangiarne una piccola quantità tutti i giorni (non superando mai la dose di 30 gr al dì), a colazione magari aggiunta allo yogurt, come snack di metà mattina o ancora per insaporire le vostre insalate.

Il microbiota: un alleato per il nostro intestino

L’intestino è un organo molto importante, spesso sottovalutato. La sua principale funzione, come noto a tutti, è quella di permettere l’assorbimento delle sostanze nutrienti introdotte con l’alimentazione ed eliminare quelle non digerite. Viene definito il nostro secondo cervello grazie alla presenza di un vero e proprio sistema nervoso in grado di modulare l’umore (con la liberazione di alcune molecole come la serotonina, meglio conosciuta come molecola della felicità) ed inviare al sistema nervoso centrale segnali di allarme o benessere a seconda degli stimoli esterni. Contiene inoltre gran parte del nostro sistema immunitario che ci protegge da infezioni ed attacchi esterni.

La maggior parte di queste funzioni sono orchestrate dal MICROBIOTA intestinale, ossia una numerosa comunità di microrganismi presenti nel sistema digerente (in primis Lactobacilli e  Bifidobatteri). Quando il microbiota è in equilibrio (ossia in eubiosi – con un vantaggio di ceppi batterici “buoni” rispetto a quelli potenzialmente “cattivi”) riesce a svolgere tutte le sue funzioni garantendoci un buono stato di salute. Questi batteri ostacolano la colonizzazione dell’intestino da parte di patogeni, ci aiutano a digerire meglio i nutrienti assunti, ad eliminare correttamente eventuali sostanze tossiche, modulano il sistema immunitario, ma sono anche in grado di sintetizzare sostanze utili quali vitamine (Vitamine del gruppo B e K) ed acido butirrico (un acido grasso utile per la salute dell’intestino poiché lo protegge dalle infiammazioni e sviluppo di tumori). Sembra inoltre che il microbiota liberi delle molecole in grado di regolare l’appetito e quindi il peso corporeo.

Cosa modifica la salute del microbiota determinando disbiosi (ossia alterazione della flora)?

  • Età ed alimentazione. Fin da piccoli l’alimentazione è in grado di modulare la quantità e tipologia di ceppi batterici con una sostanziale variazione del microbiota in senso positivo o meno. Il parto naturale, l’allattamento al seno, oltre che un’alimentazione varia ed equilibrata durante tutta la vita aiutano a mantenere un lo stato di eubiosi. Con l’avanzare dell’età si evince una diminuzione di alcuni ceppi batterici protettivi con aumento di quelli proinfiammatori e per questo spesso è utile ricorrere all’integrazione con fermenti lattici specifici
  • L’uso/abuso di farmaci, alcool, fumo  
  • L’assunzione di antibiotici deve essere sempre su prescrizione medica, per un’infezione batterica conclamata. Il loro abuso o uso scorretto oltre a non favorire lo stato di salute è in grado di provocare anche il blocco della proliferazione di batteri utili all’intestino con un’alterazione del microbiota. Ecco perché si suggerisce sempre di far seguire la terapia antibiotica con l’integrazione di probiotici
  • Anche lo stress, nel lungo periodo, può influire sulla flora batterica intestinale

Tra i principali segnali di disbiosi troviamo la sensazione di gonfiore addominale, meteorismo, alterazioni della regolarità (stipsi o diarrea), cistiti, ma anche eruzioni cutanee o variazioni del tono dell’umore. Per ripristinare l’eubiosi è senz’altro importante capire le cause che hanno portato a questa condizione e cercare di correggerle. Può essere di aiuto un’alimentazione ricca di PREBIOTICI (fibre contenute nei cereali integrali, in frutta e verdura) oltre che PROBIOTICI attraverso l’integrazione e/o consumo di yogurt o latte fermentato. La varietà portata in tavola, nonché la qualità dei cibi è d’obbligo. Anche la gestione dello stress non è da sottovalutare. L’attività fisica e lo yoga aiutano a scaricare le tensioni e ridurre le ansie esterne della giornata, con maggior sollievo per il nostro intestino.

Prendiamoci dunque cura del nostro microbiota per il benessere dell’intestino e non solo.

Tempo di dieta?

La bella stagione è alle porte e questo può far nascere in molti la voglia di “rimettersi in forma”, di iniziare la famosa dieta sempre rimandata. Sulle riviste iniziano a trovarsi pubblicità di miracolosi integratori ad hoc e suggerimenti per diete fast (come perdere 5 kg in 3 giorni?).

Spesso c’è la convinzione che basta leggere qualcosa, chiedere un consiglio all’amica che è a dieta da sempre o scaricare un’app che calcoli le calorie e… il gioco è fatto. Ma poi ci si accorge che non è proprio così. Il percorso di dimagrimento non è sempre facile e scontato: diversi fattori possono influenzarlo. Non sono solo le calorie introdotte a fare la differenza, ma anche la qualità degli alimenti, nonché altri fattori ambientali come lo stress o l’ansia. Squilibri ormonali e metabolici possono poi remare contro. In questi casi occorre conoscere e capire le problematiche di base, studiando un piano alimentare adeguato che permetta di ottenere dei risultati senza creare ulteriori squilibri.

Il dimagrimento deve avvenire in modo corretto. Esiste una sostanziale differenza tra la semplice perdita di peso ed un sano dimagrimento. Nel secondo viene preservata la massa muscolare, mirando principalmente a far diminuire il grasso depositato. Diffidate dalle diete veloci che possono favorire la perdita di muscolo, determinando un abbassamento del metabolismo. Il dimagrimento deve essere sano e graduale, in modo da non creare carenze e permettere al nostro corpo di adattarsi. La dieta dev’essere intesa come uno stile di vita e come dico spesso in studio non deve avere una data di inizio ed una scadenza. Occorre spesso cambiare alcune abitudini e farle diventare nostre: solo così potremmo vivere serenamente il rapporto con il cibo e poi mantenere il peso perduto nel lungo periodo senza incorrere nello spiacevole effetto yo-yo. La dieta naturalmente prevederà all’inizio sacrifici e tanta forza di volontà, ma una volta raggiunti i primi obbiettivi questi sapranno ripagare lo spirito.

Per intraprendere un percorso alimentare è indispensabile avere un rapporto sano con il cibo e con sè stessi. Spesso il cibo può essere visto ed utilizzato non solo come “carburante”, ma come una fonte di sfogo, una ricompensa, un modo per alleviare tensioni e solitudine. Questo sicuramente può diventare un forte ostacolo. Non pensate comunque che una dieta sia monotona e di sole privazioni, è giusto ogni tanto concedersi qualche sfizio, un cibo desiderato o ricco di tradizione… come la famigerata pizza o la lasagna della nonna.

In una dieta è fondamentale trovare le corrette combinazioni tra carboidrati, proteine e grassi, in base allo stile di vita di ognuno di noi. Vi ricordo, inoltre, che non esiste un buon dimagrimento senza una corretta attività fisica di supporto.

La dieta non deve essere mirata solo al dimagrimento, ma anche volta a migliorare lo stato di salute generale, come prevenzione e cura del proprio organismo. Una volta iniziata la sfida con voi stessi vedrete che l’energia ricavata da uno stile di vita sano ed equilibrato sarà lo stimolo per continuare.

La menopausa

La menopausa è un grande cambiamento che ogni donna subisce nell’arco della vita, non è una malattia. Finisce la fase fertile e riproduttiva per dare inizio ad una nuova fase conservativa, spesso fortemente legata al concetto che la donna “stà invecchiando” e quindi rappresenta un momento di difficile elaborazione. In generale si verifica tra i 45 e 55 anni di età, ma non sono rare delle forme più precoci o tardive. Già alcuni mesi prima della fine del ciclo si possono verificare irregolarità del flusso: sia nella frequenza (all’inizio il ciclo potrà diventare più breve per poi allungarsi, magari saltando anche dei mesi), sia nell’entità del flusso.

L’evento biologico alla base della menopausa e della scomparsa del ciclo mestruale è il calo della produzione di estrogeni e progesterone, tipici ormoni femminili.

La diminuzione di estrogeni può determinare l’insorgenza di alcuni disturbi quali:

  • Vampate di calore: brevi ed improvvise sensazioni di caldo intenso che riguardano soprattutto la parte superiore del corpo, spesso accompagnate da sudorazione, tachicardia e a volte seguite da brividi di freddo. Generalmente questo disturbo si può manifestare da uno a cinque anni dalla scomparsa del ciclo. Non è detto comunque che tutte le donne ne soffrano!
  • Disturbi urogenitali: spesso si assiste ad un minor efficacia dei sistemi di continenza e maggior rischio di infezioni urinarie. Anche la flora batterica vaginale può subire delle alterazioni, generalmente per diminuzione dei lattobacilli, con aumento del pH e minor resistenza alle infezioni.
  • Disturbi articolari dovuti perlopiù alla deposizione di microcristalli a livello delle piccole articolazioni. Per questo andrebbe incentivata una dieta drenante per la funzione renale che faciliti l’espulsione dei cristalli.
  • Aumento di peso: ahimè quale donna in menopausa non lamenta una leggera o importante variazione del peso e sensazione di gonfiore? La diminuzione di estrogeni comporta un rallentamento del metabolismo basale. In aggiunta l’aumento di androgeni (principali ormoni maschili) porta ad una redistribuzione del grasso corporeo, facilitandone la deposizione nelle zone tipicamente “maschili” come addome, tronco e braccia.
  • Osteoporosi, ossia una maggiore fragilità del tessuto osseo con aumentato rischio di fratture. Gli estroni hanno un’azione protettiva nei confronti del rimodellamento osseo e la loro carenza può determinare importanti complicanze su questo tessuto. Le donne maggiormente a rischio sono coloro che avevano uno squilibrio del metabolismo del calcio in precedenza. Per ossa “sane e robuste” è fondamentale che la calcificazione ossea durante l’adolescenza sia avvenuta nel migliore dei modi e che ci sia stato un adeguato assorbimento di calcio durante tutto l’accrescimento e la fase adulta. E’ consigliabile, fin da subito, fare alcuni esami necessari per valutare il possibile rischio: dosaggio del calcio, paratormoni, ormoni tiroidei, Vitamina D e magari eseguire la MOC (densitometria ossea).
  • Aumento del colesterolo e rischio cardiovascolare. E’ noto che prima della menopausa le donne hanno un minor rischio di sviluppare malattie cardiovascolari rispetto agli uomini. Questo grazie al fatto che gli estrogeni sono in grado di regolare il metabolismo del colesterolo e mantenere “a bada” la pressione sanguigna. Sono più a rischio le donne che hanno assunto contraccettivi orali per lungo tempo, le fumatrici o chi ha una predisposizione familiare verso patologie cardiovascolari.
  • Irritabilità, ansia, stress, difficoltà a concentrarsi, depressione sono tutte variazioni dell’umore indotte dal calo di estrogeni. Spesso anche associate ad una minor qualità del sonno o fenomeni di insonnia.

In questa fase delicata di cambiamento è fondamentale fare prevenzione fin da subito. Il consiglio è di rivolgersi al proprio ginecologo e/o medico per capire insieme quali esami possono essere utili ed eventualmente valutare i benefici/rischi di una terapia ormonale sostitutiva per il trattamento dei sintomi.  

Questo è il momento per dedicarsi del tempo, delle attenzioni che molto spesso erano rivolte per lo più alla famiglia e al lavoro. Uno stile di vita sano e un’alimentazione equilibrata possono sicuramente essere un valido aiuto per ridurre la sintomatologia legata alla menopausa e vivere più serenamente questo cambiamento.

  • Le variazioni ormonali, in favore degli ormoni mascolinizzanti e cortisolo spesso determinano un rallentamento del metabolismo degli zuccheri, con l’instaurarsi di insulino-resistenza. Per questo si consiglia di consumare più cereali integrali (pasta e pane integrale, cereali in chicco…), legumi (fagioli, ceci, lenticchie…) ed aumentare le porzioni giornaliere di verdure
  • Per prevenire il rischio cardiovascolare e l’aumento della pressione sanguigna occorrerà fare attenzione ai grassi alimentari, in particolar modo a quelli saturi (tipicamente presenti nella carne rossa e lavorata, insaccati, affettati e burro) e grassi trans (specialmente nei prodotti da forno o margarine). Fondamentale è la riduzione del sale sia aggiunto durante la preparazione degli alimenti, sia degli alimenti salati (come nel caso degli insaccati, formaggi stagionati e dei prodotti industriali conservati ed in scatola). A tal proposito il consiglio è quello di privilegiare le spezie e le erbe aromatiche che conferiscono sapore e al tempo stesso possono apportare alcuni minerali o proprietà benefiche: basti pensare ad esempio all’azione antiossidante e antinfiammatoria della curcuma o le proprietà digestive del finocchietto/semi di finocchio
  • Aumentare l’apporto di calcio attraverso il consumo di frutta secca (mandorle in primis), verdure di colore verde (rucola, spinaci/biete, prezzemolo, broccoli, verza…), cereali integrali, pesce azzurro (sarde ed alici fresche) o vongole. Preferire lo yogurt naturale o kerir/yogurt greco.  Ricordatevi che anche l’acqua può essere una buona fonte di questo minerale!
  • Privilegiare il consumo di acidi grassi mono/polinsaturi ed ω-3 per ridurre tutti i processi infiammatori nonché migliorare la salute cardiovascolare. In questo caso ci viene sicuramente in aiuto la dieta mediterranea ricca di olio extravergine di oliva, frutta secca, pesce azzurro e semi (come semi di zucca, girasole, lino…)
  • Ricordarsi di bere acqua durante la giornata e preferire cibi drenanti, verdure crude di stagione che possano aiutare a drenare i liquidi corporei, facilmente trattenuti. Evitare verdure stracotte, bollite e minestroni. Potete anche aiutarvi con tisane drenanti (tipo tè verde, pilosella, menta, finocchio, ortosiphon…)
  • Ricorda che l’attività fisica, anche se moderata ma costante, aiuta la salute a 360°, migliora l’umore e se fatta all’aperto permette anche di prendere un po’ di sole che facilita la produzione di Vitamina D endogena fondamentale per l’assorbimento di calcio a livello intestinale e quindi per la salute delle ossa.

Fonti:

  • Libro: Alimentazione in menopausa di Morini, D’Eugenio e Aufiero
  • Sito ministero della salute
  • Menopausal Symptoms and Their Management”. Santoro et al, 2015

La Candida

La candida è un lievito innocuo che tutti noi abbiamo a livello intestinale e vaginale, mantenuta “sotto controllo” dalla flora batterica. Quando però questi equilibri si rompono – vuoi per l’abbassamento delle difese immunitarie, l’uso eccessivo di antibiotici, stress, uso prolungato di contraccettivi orali, dieta squilibrata- può diventare più aggressiva, proliferare e generare candidosi (generalmente da Candida albicans).

Alcuni studi dimostrano che questo problema colpisce circa il 70-75% delle donne in età fertile, ma ricordiamoci che anche gli uomini non ne sono immuni e si può trasmettere per via sessuale!

I sintomi possono essere diversi: generalmente quando è localizzata a livello vaginale determina un fastidioso prurito intimo, perdite (biancastre, da qui probabilmente il termine albicans) e problemi nella sfera intima. A livello intestinale e sistemico può generare disturbi dell’umore, affaticamento, mal di testa, cattiva digestione.

La candida trae forza da un ambiente acido, umido e ricco di zuccheri. Uno dei sintomi che può far sospettare un’infezione da Candida è l’eccessivo desiderio di dolci, pane, pizza, pasta. Infatti sembra che la tossina da essa prodotta possa agire a livello del sistema nervoso spingendoci alla ricerca di quegli alimenti che ne favoriscono la proliferazione.

Nel caso di candidosi occorre fare cure specifiche, ma l’alimentazione può aiutare a ridurre la sua proliferazione ed attenuare i sintomi. Si consiglia di evitare per un periodo tutti i dolci, lo zucchero, i carboidrati ad alto indice glicemico e lievitati (pane e pizza), i latticini, alcolici, birra. Privilegiare carboidrati a basso indice glicemico (come cereali in chicco o integrali), verdure, legumi, carne e pesce magri. Anche la frutta andrebbe limitata perché ricca di zuccheri.

Un aiuto importante dalla natura sembrerebbe derivare dall’acido caprilico, acido grasso a corta catena solitamente estratto dall’olio di cocco. L’aglio, essendo un ottimo antibiotico ed antimicotico naturale può servire come l’olio essenziale di origano ed il tea tree.

Occorre aiutare anche la flora batterica intestinale e vaginale a ritornare in eubiosi, ossia in equilibrio. In particolar modo sono importanti i Lattobacilli, Enterococcus faecium, Saccharomyces Boulardii.

Naturalmente ogni caso deve essere valutato a sé.

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La cannella

In questi periodi di feste molto probabilmente abbiamo portato sulle nostre tavole un po’ di cannella… Il sapore dolce e speziato di questa spezia deriva dalla corteccia di un albero sempreverde tropicale. Nel cantico di Salomone se ne celebra il profumo, i greci ed i romani la offrivano agli Dei, le antiche culture dell’india e Cina la adoperavano come medicina e tutt’ora è fondamentale nella medicina ayurvedica. E’ una spezia apprezzata in molte cucine del mondo per la preparazione di dolci, bevande calde (come tisane o vin brûlè) e non solo….

Numerosi studi scientifici hanno dimostrato la sua importanza per la nostra salute:

  • Migliora la digestione e contrasta la nausea
  • Mantiene sotto controllo la glicemia: ha un importante ruolo nella gestione dei livelli di glicemia (glucosio nel sangue) e riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare. Migliora la capacità dell’organismo di elaborare ed immagazzinare gli zuccheri assunti con la dieta.
  • Ottima alleata nella sindrome dell’ovaio policistico: questa condizione è generalmente associata ad una maggiore insulino-resistenza che trova giovamento con l’utilizzo regolare di cannella. Sembrerebbe inoltre utile per ridurre i dolori associati al ciclo mestruale.
  • Aiuta a controllare la proliferazione batterica. Utile per ridurre la carica batterica nei cibi, efficace contro la Candida Albicans (fungo che provoca la maggior parte delle infezioni vaginali da lieviti) e per aiutare a debellare l’Helicobacter Pylori (batterio responsabile dell’ulcera gastrica e tumore allo stomaco).
  • Favorisce la rimarginazione delle ferite

Il consiglio è quello di comprarla in stecche (corteccia essiccata ed arrotolata) poiché una volta macinata perde la fragranza che deriva dagli oli volatili e può essere contaminata. Preferire la “Cannella Vera” (Cinnamomum verum o Zeylanicum) tipicamente proveniente da Ceylon o dallo Sri Lanka che è di migliore qualità rispetto alla Cassia.

Questa spezia dal sapore e profumo inconfondibile può essere utilizzata per la cottura di carni rosse, nella zuppa di lenticchie, per la preparazione del tè speziato (aggiungendo al tè del succo di mela, di limone e della cannella in stecche), spolverizzarla negli impasti di dolci e torte o aggiungerla al cioccolato (da “Spezie che salvano la vita” Bharat B Aggarwal).  

Intolleranza al lattosio

L’intolleranza al lattosio è dovuta all’incapacità di digerire correttamente il lattosio, ossia lo zucchero contenuto nel latte e derivati in seguito all’insufficienza dell’enzima lattasi.  Questo tipo di intolleranza sembra riguardi almeno il 40% degli italiani e può manifestarsi già nell’infanzia o comparire in seguito nell’età adulta.

Generalmente il lattosio assunto con gli alimenti viene digerito a livello intestinale (tenue) dall’enzima lattasi in galattosio (zucchero principalmente implicato nella formazione delle strutture neuronali) e glucosio (fonte energetica per le cellule). In assenza di tale enzima il lattosio permane nel lume intestinale e viene fermentato dalla flora batterica qui presente generando una sensazione di gonfiore addominale, produzione di gas ed irregolarità intestinale. Possono manifestarsi anche altri disturbi quali mal di testa, eruzioni cutanee, spossatezza…

La lattasi compare alla 23esima settimana di gestazione. La sua attività aumenta durante l’allattamento poi con lo svezzamento inizia la sua decrescita (geneticamente programmata) che può essere differente da individuo a individuo. Questo perché l’uomo passa da un’alimentazione esclusiva di latte ad essere onnivoro.

Forme di intolleranze al lattosio: tale problematica può essere su base genetica (mutazione del gene implicato nella sintesi della lattasi) o acquisita, ossia secondaria ad un’altra condizione come nel caso del morbo di Crohn o celiachia. A seconda poi della causa principale esistono comunque varie forme di intolleranza al lattosio: alcuni soggetti riescono ad assumerne piccole dosi senza effetti indesiderati (riduzione nella sintesi della lattasi), altri per nulla (completa assenza dell’enzima).

Diagnosi: spesso può essere sufficiente una semplice eliminazione del latte e derivati dalla dieta per notare dei miglioramenti generali, ma si consiglia sempre di verificare l’intolleranza con il Breath test al lattosio (esame non invasivo).

Fonti di lattosio: latte, formaggi (soprattutto freschi a pasta molle), burro, creme, panna, gelati, prodotti da forno con latticini, cioccolato al latte e altri. Lo yogurt può essere da molti tollerato perché subisce un processo di fermentazione dai batteri presenti e quindi il lattosio viene già parzialmente o totalmente (nel caso dello yogurt greco o kefir) digerito. Molti formaggi stagionati, per la stessa ragione, hanno una quantità molto bassa o solo tracce di lattosio e quindi possono essere consumati da chi è intollerante: grana o parmigiano stagionato, provolone, pecorino. In alternativa si può optare per i prodotti delattosati.

Vitamina D

Vitamina D

Spesso poco considerata la Vitamina D è in realtà preziosa per il nostro organismo. Vediamo insieme le sue principali funzioni:

  • Essenziale nel regolare il metabolismo del calcio e fosforo: favorisce la mineralizzazione delle ossa e dei denti. La Vitamina D facilita infatti l’assorbimento intestinale di questi minerali che saranno poi disponibili per il tessuto scheletrico. La sua carenza può provocare un maggior rilascio di paratormone (da parte delle paratiroidi) con conseguente riassorbimento dell’osso (e quindi maggior rischio di fratture ossee) e predisposizione a osteoporosi (Holick 2006). Se il deficit avviene durante il periodo di accrescimento il danno può essere molto grave e provocare rachitismo.
  • Utile per una corretta funzionalità muscolare. La Vitamina D veicola il calcio a livello del reticolo sarcoplasmatico muscolare facilitando la contrazione dei muscoli e stimola altresì la sintesi di nuove proteine muscolari. E’ fondamentale per chi pratica uno sport non incorrere in una sua carenza per evitare dolori muscolari ridurre il rischio di infortuni di tipo muscolo-scheletrico, ma anche per garantire una migliore performance durante l’attività (Ceglia 2013).
  • Effetti protettivi sul sistema cardiovascolare. Sembra che carenze di Vitamina D si associno ad un maggior rischio di ipertensione arteriosa ed altre patologie cardiovascolari.
  • Ruolo preventivo nel diabete tipo II e patologie neurodegenerative.  
  • Nuovi studi stanno dimostrando effetti anticarcinogenetici di questa vitamina da attribuire a: stimolo della risposta immunitaria, modulazione dei fattori di crescita, aumento dell’attività antiossidante e riparazione del DNA (Moukayed e Grant 2013).

Quanta Vitamina D?  Lo stato nutrizionale di questa vitamina è valutato attraverso il dosaggio sierico della 25(OH)D. Non esistono ancora accordi precisi a livello mondiale sui livelli ottimali; in Italia le Linee Giuda per il trattamento dell’ipovitaminosi D della Società Italiana dell’Osteoporosi indicano un livello soglia prudenziale di 25(OH)D pari a 30 ng/mL. Al di sotto dei 20 ng/mL si ha comunque carenza di tale vitamina.

Chi è più soggetto a carenza?

  • Chi vive nei paesi del Nord o con scarsa esposizione solare
  • Soggetti obesi (sembrerebbe che tale vitamina si accumuli nel grasso corporeo senza così essere disponibile per l’organismo)
  • Soggetti anziani (per minor esposizione alla luce solare e diminuita capacità di sinesi endogena), donne in menopausa e persone con problemi di malassorbimento intestinale
  • Lattanti, bambini e adolescenti (dove la Vitamina D è fondamentale per garantire il corretto sviluppo del sistema scheletrico)

La vitamina D è contenuta solo in pochi alimenti ed in particolare in quelli più grassi (per il fatto di essere liposolubile) e di origine animale: pesci grassi -come salmone, aringhe, sarde, pesce spada, tonno fresco- fegato di merluzzo, uova (tuorlo), burro e latte intero, formaggi grassi come il pecorino. Esistono in commercio anche molti cibi fortificati (ossia con l’aggiunta di Vitamina D).

Dal momento che molti di questi alimenti non possono essere mangiati in grandi quantità una delle fonti migliori resta il sole. Sulla nostra cute esiste un precursore della Vitamina D (il 7-deidro-colesterolo) che in presenza di radiazioni UVB del sole viene trasformato nella forma attiva. Ricordatevi però che spesso non basta fare una “scorta di sole estivo” per mantenere buoni livelli della vitamina anche nel periodo invernale; è necessario cogliere ogni occasione per stare all’aria aperta e ricaricare un po’ le scorte oppure valutare un’integrazione esterna (sempre sotto consiglio medico).

Sonni tranquilli con il cibo

I disturbi del sonno colpiscono circa il 40-50% delle persone di ogni fascia di età e possono pregiudicare la qualità della vita alterando le fisiologiche attività del corpo. Possono essere associati a stati emotivi, a periodi di stress o depressione e sono molto comuni tra gli anziani. Il sonno disturbato comporta uno stato di stanchezza cronica, riduzione del tono dell’umore, irritabilità e, se protratto nel tempo, anche problemi di salute più importanti.

Se la principale causa di insonnia è dovuta allo stress si possono aumentare le scorte di magnesio, un minerale coinvolto nel rilassamento muscolare e del sistema nervoso. Ottime fonti di magnesio sono: la frutta secca (come mandorle e noci), i semi (ad esempio i semi di zucca che si possono aggiungere nelle insalate o nello yogurt), i cereali integrali (riso, farro, avena, pasta integrale), i legumi, verdure di colore verde ed il pesce.

Il triptofano invece è un amminoacido essenziale (ossia che dobbiamo necessariamente assumere attraverso la dieta) che favorisce la sintesi di serotonina, neurotrasmettitore noto come la “molecola del buonumore” e che quindi può aiutare negli stati depressivi che si generano dall’insonnia. La serotonina a sua volta può essere convertita in melatonina, essenziale nella regolazione del ciclo sonno-veglia, a favore del primo. Alimenti ricchi di triptofano sono: formaggio, yogurt, semi di zucca, legumi, cioccolato fondente, cereali integrali (avena, farro, miglio…), banane.

Nelle popolazioni contadine veniva utilizzato molto l’aglio per diverse preparazioni culinarie e molti ne tenevano sempre una collana appesa in casa contro le “fatture”, ossia contro tutti quei mali che allora non avevano spiegazione e che venivano associati a malefici. Tenendo l’aglio in casa notavano una diminuzione delle sensazioni di malessere in genere. Oggi si sa che l’allicina contenuta nell’aglio è un potentissimo terapeutico per il sistema nervoso: riduce stati di ansia, depressione e l’insonnia (da bioterapia nutrizionale- Morini et al.).

Per conciliare il sonno vanno sicuramente evitati di sera alimenti eccitanti come caffeina, te, alcolici, cibi confezionati e preparati industrialmente. Evitare anche i cibi ricchi di tiramina che stimola la produzione di adrenalina, noradrenalina e dopamina con azione eccitante sul sistema nervoso; fate dunque attenzione a formaggio stagionato, vino, alimenti fermentati (come il crauti) ed insaccati. E’ consigliabile anche non esagerare con la carne a cena: diversi studi dimostrano che un eccesso proteico possa influenzare negativamente sia la durata e che la qualità del sonno (studio Lana et al., 2019).

Per favorire sonni tranquilli vi consiglio dunque di provare a cenare con un piatto di cereali o legumi accompagnato da della verdura cotta (magari di colore verde) e perché no sorseggiare prima di coricarsi una classica tisana a base di camomilla o valeriana.

Tu di che zucchero sei?

Tu di che zucchero sei?

Lo zucchero bianco ha una storia relativamente recente; all’inizio del 1900 quasi non esisteva, poi gradualmente il suo consumo è aumentato fino a ritrovarlo oggi praticamente ovunque. Nel mondo occidentale è una delle sostanze più consumate (volontariamente e non). Lo zucchero o saccarosio è un disaccaride formato da glucosio e fruttosio che viene ricavato principalmente dalla canna da zucchero e dalla barbabietola da zucchero. Viene utilizzato per conferire il gusto dolce agli alimenti, ma è impiegato dall’industria alimentare anche per la conservazione. Come il sale o l’alcool riduce il contenuto di acqua del prodotto allungandone la conservazione. Se avete notato infatti lo zucchero non ha data di scadenza.

Questa sostanza è in grado di influire sia sul sistema nervoso che a livello metabolico creando una vera e propria dipendenza. L’eccesso di zuccheri nella dieta provoca un importante incremento del peso corporeo (influenzando prevalentemente la massa grassa), favorisce la comparsa di carie dentarie (soprattutto nei bambini), altera il metabolismo degli zuccheri favorendo l’insorgenza di diabete e genera uno stato infiammatorio persistente dell’organismo.

Vediamo insieme quali alternative propone il mercato:

  • Zucchero raffinato bianco che fornisce solo calorie e gusto dolce, oppure zucchero integrale grezzo di canna (aspetto molto scuro e pastoso) che non subendo trattamenti chimici conserva alcune vitamine e minerali. Attenzione a diffidare dai “falsi zuccheri di canna”…
  • Miele o sciroppo di acero
  • Stevia: è una piana di origine Sud Americana con alto potere dolcificante. E’ priva di calorie e non influenza i livelli di glicemia. Presenta un leggero retrogusto di liquirizia.
  • Dolcificanti: ne esistono molti in commercio, la maggior parte di sintesi. Oggi molto utilizzati nel tentativo di ridurre l’apporto calorico giornaliero complessivo, soprattutto in persone “a dieta”, perché non hanno calorie. Vengono dati come sicuri per la salute, ma recenti studi hanno evidenziato che il loro consumo può alterare la flora batterica intestinale, generando disbiosi, e addirittura determinare intolleranza al glucosio in persone sane, con maggior probabilità di sviluppare diabete di tipo II (Nutrients 2019, Liauchonak et al ).

Qualunque sia la vostra scelta, il mio consiglio è quello di provare a ridurre il consumo di “zuccheri” aggiunti volontariamente a bevande e dolci. Sicuramente il gusto dolce appaga il palato ma se ci abituiamo gradualmente al vero gusto delle bevande e/o alimenti la nostra percezione cambierà e la salute ne beneficerà. Proviamo allora a bere un buon caffè amaro, o spolverizzare della cannella sullo yogurt naturale o sul latte, dimezziamo la quantità di zucchero che utilizziamo per la preparazione dei dolci, scegliamo prodotti industriali con pochi o zero zuccheri… pian pianino ne sentiremo sempre meno il bisogno.

Voglia di grigliata

La primavera e l’estate portano con sé la voglia di mangiare all’aperto e in compagnia. Cosa c’è di meglio di una buona grigliata?

Le cotture alla griglia o barbecue possono essere considerate salutari perché vengono utilizzati pochi grassi in cottura ma è importante prestare alcune accortezze. Quando infatti si cucinano carne e pesce a temperature molto elevate (superiori a 200-300 gradi) e per tempi lunghi (maggiori di 20 minuti) alcuni precursori presenti in questi alimenti si combinano per dare origine a sostanze potenzialmente dannose per la nostra salute, particolarmente concentrate nelle caratteristiche “strie bruciacchiate o parti abbrustolite”. Tra le sostanze incriminate ci sono le amine aromatiche eterocicliche (HCAs) che sono state classificate dallo IARC (Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro) come possibili e probabili oncogeni per l’uomo. Sono composti cioè che possono alterare la struttura del DNA portando alla trasformazione di cellule sane in cellule tumorali (esistono studi di correlazione con il tumore al colon/intestino, mammella e prostata). Di recente si sono anche individuati effetti negativi delle amine sulle cellule cardiache con possibile aumento del rischio di patologie cardiovascolari (fonte: Il fatto alimentare).

Non è il caso di rinunciare a qualche grigliata, purchè si adottino alcuni accorgimenti:

  • Limitare la cottura al barbecue (massimo una volta al mese)
  • Preferire materie prime di qualità, privilegiando tagli di carne piccoli e pochi grassi. In questo modo si ridurranno i tempi di cottura e si eviterà che il grasso si “bruci” promuovendo la formazione di amine  
  • Marinare in precedenza la carne o il pesce con erbe aromatiche (tipo rosmarino e timo), succo di limone, aglio ed olio evo. Queste sostanze ricche di antiossidanti naturali rallentano l’inizio dei fenomeni ossidativi e quindi la formazione di sostanze tossiche 
  • Evitare di consumare le parti più abbrustolite  
  • Pulire sempre molto bene la griglia dopo la cottura
  • Non dimenticatevi di bere molta acqua in modo da facilitare l’eliminazione delle tossine ed accompagnare sempre la grigliata con cibi ricchi di fibra (come ad esempio una bella insalata o verdure crude) e antiossidanti naturali (via libera a pomodori, peperoni, barbabietole rosse, arance, frutti rossi, limone…) che aiutano nella detossificazione.
La Sindrome Metabolica

La Sindrome Metabolica

Spesso si sente parlare di sindrome metabolica, ma cos’è veramente? Con questo termine non si fa riferimento ad una patologia specifica, ma ad una serie di fattori di rischio che nel complesso possono predisporre ad un aumentato rischio di patologie cardiovascolari (infarto, ictus, problemi circolatori) e diabete.

Ecco le principali condizioni che predispongono allo sviluppo di tale sindrome:

Per la diagnosi di sindrome metabolica è necessaria la coesistenza di almeno tre di questi fattori di rischio. Spesso si è soliti sottovalutare la singola condizione, ma è sempre bene dare uno sguardo complessivo per prevenire alcune patologie più importanti. Questi fattori spesso non danno dei segnali precisi, non ci fanno “star male”, ma cercare di porre rimedio al nascere può aiutarci a “stare meglio” anche nel futuro.

Come prevenirla?

  • Un’alimentazione sana e bilanciata può sicuramente aiutare a prevenire l’aumento di peso corporeo e di conseguenza l’obesità viscerale. Particolari accorgimenti permettono di mantenere sotto controllo i livelli di grassi nel sangue (colesterolo e trigliceridi) e la glicemia (quantità di zuccheri nel sangue). L’uso moderato del sale e dei prodotti conservati/industriali influisce poi positivamente sui valori della pressione arteriosa
  • Svolgere un’attività fisica anche leggera ma regolare, come una camminata quotidiana di almeno 45 minuti, aiuta la salute del sistema cardiovascolare, mantiene sotto controllo i valori di colesterolo e glicemia e a mantenersi in forma evitando l’accumulo di grasso corporeo

Cogliamo allora l’occasione per controllare gli esami del sangue, dare una sbirciata alla bilancia e, se è il caso, ricorriamo da subito ai ripari per bloccare sul nascere un possibile rischio. 

La regina della primavera

La regina della primavera

La fragola venne chiamata dai romani fragrans in omaggio al suo intenso profumo. Una leggenda narra che Venere dopo la morte di Adone pianse copiose lacrime che, giunte sulla terra, si trasformarono in piccoli cuori rossi: le fragole.

Dal punto di vista nutrizionale è considerata un frutto anche se a livello botanico i veri frutti sono solo i semini gialli (detti acheni) presenti sulla superficie. Si raccolgono dalla primavera inoltrata fino all’inizio dell’estate (maggio-giugno). Possiamo gustarle fresche, essiccate (magari da aggiungere a yogurt o al muesli), in confettura, come succo o surgelate.

Questo frutto leggermente acidulo presenta interessanti proprietà nutrizionali:

  • Basso contenuto di zuccheri rispetto ad altri frutti. Questo rende le fragole adatte anche per chi ha problemi di glicemia (soggetti diabetici) o chi soffre di disturbi epatici (l’acidità del frutto aumenta l’attività del fegato ed incentiva l’utilizzo degli zuccheri circolanti)
  • Fonte di calcio (35 mg su 100 gr): ottime per i bambini in accrescimento, per le donne in gravidanza, in allattamento e menopausa
  • Ricche di iodio e bromo: indicate per stimolare l’attività della tiroide. Nelle donne in menopausa l’attività di questa ghiandola può rallentare e le fragole (come il pesce o le crucifere) possono venire in aiuto. Inoltre l’equilibrio tra iodio e magnesio facilita il sonno ed aiuta a rilassarsi  
  • Fonte di Vitamina C: una porzione da 100 gr ne contiene ben 54 mg (a parità dell’arancia e limone) e copre quasi completamente il fabbisogno giornaliero di questa preziosa vitamina (circa 60 mg/die). Importanti quindi per aiutare a rafforzare il sistema immunitario e le pareti dei vasi sanguigni. Dal momento che questa vitamina è sensibile al calore, per riuscire a farne il pieno consiglio di mangiare i frutti freschi (non più di 2 giorni dalla raccolta) …
  • Ricchissima di polifenoli e antociani, molecole antiossidanti ed antinfiammatorie con effetto protettivo sul sistema cardiovascolare, malattie neurodegenerative ed utili a combattere l’invecchiamento cellulare
  • Sono diuretiche per il loro elevato contenuto di acqua e bilanciamento dei vari micronutrienti

Attenzione però, molti possono essere allergici a questi frutti: si consiglia infatti di proporle ai bambini non prima dei 2-3 anni, osservandoli bene dopo la prima e seconda assunzione. Anche i soggetti allergici a graminacee o altre piante dovrebbero limitarne il consumo nei periodi di fioritura perché le fragole aumentano il rilascio di stamina (principale molecola coinvolta nelle reazioni allergiche) con l’eventuale peggioramento dei sintomi allergici. E’ controindicata per chi soffre di ulcera gastrica, enterocolite e diverticoli.

… Allora portiamo un po’ di colore e salute in tavola con qualche gustosa fragola…

L’acqua: elemento di vita

L’acqua è una molecola speciale, senza di essa la vita non sarebbe possibile.

Il nostro organismo è formato principalmente di acqua: rappresenta infatti circa il 75% del peso di un neonato ed il 55-60 % di un adulto. Esistono poi differenze tra i sessi a partire dall’adolescenza: la donna possiede una maggior quantità di tessuto adiposo (povero di acqua) e minore di acqua rispetto all’uomo.

Nell’organismo umano l’acqua è fondamentale per lo svolgimento di tutte le funzioni fisiologiche e metaboliche, entra nella composizione di diverse strutture biologiche (circa il 75% degli organi interni e muscoli ed il 30% delle ossa), nella regolazione della temperatura corporea, nel trasporto di nutrienti ed eliminazione di sostanze inutili o potenzialmente dannose per l’organismo. Svolge un ruolo principe nella digestione, nella lubrificazione delle articolazioni e tessuti, è essenziale per la salute della cute e di tutte le mucose e garantisce il buon transito intestinale (Linee Guida Inran).

Una corretta idratazione corporea è quindi importante per la salute generale. L’acqua corporea viene quotidianamente persa (con urine, feci e sudorazione) e consumata ed è pertanto necessario reintegrarla dall’esterno attraverso bevande e alimenti (frutta, verdura, ortaggi e latte sono costituiti per circa l’85% di acqua; nelle uova, carni, pesce e formaggi freschi le percentuali variano dal 50 all’80%, mentre la pasta ed il riso una volta cotti ne contengono circa 60-65%). Sarebbe opportuno bere sempre durante la giornata ed assecondare la sensazione di sete o meglio anticiparla: la sete in realtà può già essere un sintomo di disidratazione in quanto tale sensazione ha un tempo di risposta leggermente ritardato e spesso interviene quando la perdita di acqua è stata già tale da provocare i primi effetti negativi (particolarmente negli individui anziani).

Vi chiederete allora quanto dobbiamo bere… Negli adulti ed anziani con attività fisica sedentaria-leggera è consigliabile almeno 1.5 L di acqua al giorno. Un trucchetto è quello di bere almeno 1 bicchiere di acqua all’ora o 2 bicchieri ogni volta che si fa pipì. La richiesta di liquidi aumenta invece nelle donne in gravidanza, durante l’allattamento, nei bambini, in chi soffre di acidi urici elevati e negli sportivi. Durante lo svolgimento di una normale attività fisica la sudorazione si aggira intorno a 1-2 litri/h, ma in casi particolari può arrivare a 2-4 litri/h (molto dipende dall’intensità-durata e condizioni ambientali).

Ricordatevi che l’acqua può essere intesa come un vero e proprio alimento. Le acque minerali (con alto residuo fisso, da 500 a 1500 mg/L) presentano un’elevata concentrazione di minerali disciolti e possono essere utili per reintegrare i minerali persi durante la sudorazione intensa (soprattutto sodio, cloro, potassio) o per deficit nutrizionali o soddisfare ad esempio il corretto apporto di calcio nelle donne in gravidanza, adolescenti e donne in menopausa.  Le acque più leggere (a basso residuo fisso, inferiore a 50 mg/L) sono invece consigliate quando si soffre di patologie renali o si deve aiutare l’organismo a drenare i liquidi in eccesso.

Come calcolare il proprio peso forma

Come calcolare il proprio peso forma

L’obesità ed il sovrappeso sono caratterizzati da un eccessivo accumulo del grasso corporeo, condizione che determina un grave rischio per la salute. Le principali cause sono sicuramente la sedentarietà, alimentazione scorretta ed ipercalorica. Tali condizioni possono, inoltre, essere dovuti a fattori genetici predisponenti che agiscono sulla regolazione dei centri nervosi dell’appetito e sul metabolismo, da cause farmacologiche (alcuni farmaci possono contribuire all’obesità in quanto aumentano la fame o riducono il metabolismo energetico o favoriscono la deposizione di grasso), cause endocrino-metaboliche (alcune patologie ormonali o menopausa).

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Asparagi: proprietà e ricette

Asparagi: proprietà e ricette

L’asparago è un ortaggio con spiccata azione diuretica, ma non adatto ai soggetti con tendenza alla calcolosi renale (perchè ricco di purine).
Proibito nel caso di gotta o a chi soffre di cistite ricorrente, artrite o reumatismo articolare.
I diabetici possono trarre vantaggio dal consumo di asparagi, a meno che non sia già presente un danno renale.
E’ molto ricco di ossalati e sali minerali, quindi indicato nel trattamento dell’osteoporosi.

Associazioni dimagranti:

  • 2 uova al piatto con 12 asparagi ed un quarto di ananas
  • ricotta con 12 asparagi e melone

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